Vettor Pisani

Vettor Pisani

In un catalogo, la nota biografica di Vettor Pisani comincia così: “Vettor Pisani, figlio di un ufficiale della Marina e di una ballerina dello strip-tease nasce a Napoli nel 1934. Ha vinto con la sua prima mostra nel 1970 il Premio Nazionale Italiano della Critica d’Arte”. Già questo incipit ci fa capire che ci troviamo a che fare con un artista provocatorio che conserva intatto lo spirito aggressivo e divertito delle avanguardie storiche. Pisani, infatti, insiste quasi scandalisticamente sul mestiere della madre anche nella dedica del catalogo: “R.C. Theatrum dedico a mia madre, ballerina dello strip-tease, e all’Arte che fa vedere l’indicibile” e ne fa una quasi metafora della conoscenza. Tutto ciò dà l’idea del temperamento irriverente e al tempo stesso dell’atteggiamento “colto” che contraddistingue la sua opera. Come ricorda con scarsa modestia lui stesso, egli debutta sulla scena dell’arte solo nel 1970, cioè quando aveva già 36 anni circa e raggiunge la notorietà solo intorno al 1980 con un’opera che ha proprio un tema classico: Edipo e la sfinge. Prima di addentrarci nel contesto di quest’opera sarà bene ricordare anche un altro aspetto dello stile di Pisani. Un’altra opera famosa di questo autore è La lepre non ama Joseph Beuys, in cui si vede una lepre viva attaccata alle due mezze croci (o “T”) che costituiscono una sorta di logotipo dell’artista tedesco. In questo caso è chiaro l’intento ironico che è anche dissacrante, se si pensa che Beuys è a quel tempo considerato un artista cult. Il rapporto con Beuys merita attenzione perché esso mostra un’ambivalenza che occorre tener presente nel giudicare l’apporto di Pisani al discorso del classico. Infatti, accanto a opere come questa che ironizzano palesemente su Beuys, ne troviamo numerose altre in cui si può vedere come Pisani sia stato pesantemente influenzato dalla poetica dell’artista tedesco, non solo in senso burlesco, ma soprattutto serio e così quando ci rivolgiamo a opere come l’Edipo e la Sfinge dobbiamo sempre tener conto di questo mix di ironia e serietà. L’opera infatti si presenta in maniera ambigua e, in un certo senso, semiseria. In un disegno successivo egli rappresenta la Sfinge che tiene appeso con la coda e le mani il corpo senza vita di Edipo. Si tratta di una visione simbolista piuttosto oscura, qui invece, pur permanendo una certa tonalità simbolista si ha che fare con una situazione più sbarazzina. Troviamo infatti un fotomontaggio in cui un Edipo un po’ recalcitrante sta cheek-to-cheek con una affettuosa Sfinge dal corpo di ghepardo. Sullo sfondo si vede la Piramide Cestia e il cimitero degli Artisti. Pisani si chiede: “Se Roma fosse un animale: che animale sarebbe?” e la risposta è “…L’azzurra sfinge, la Vergine alata regina di tutte le donne e principessa di tutti gli animali”. Il luogo immortalato invece è “un funebre teatrino per Edipo e la Sfinge”. Edipo probabilmente è l’artista stesso preda della mortifera Sfinge, che incarna non solo la città eterna, ma anche la dark lady, la pericolosità della donna. Il tutto però è trattato senza tragicità e con un ombra di divertimento. Tale leggerezza e ambiguità costituisce forse proprio il tratto originale che distingue la concezione del classico dell’irregolare Pisani da quella di ogni altro.