Il rapporto con la cultura neoclassica e accademica (Paolini, Mariani, Pistoletto, Dalì e Ray)
Il primo modo, in quanto è quello più praticato, in cui l’interesse per il classico si manifesta nelle avanguardie è attraverso la citazione accademica. Questa può essere di tipo assolutamente superficiale come invece profonda. Un esempio tipico dell’atteggiamento superficiale è quello dell’uso della Venere di Milo praticato più volte nel corso delle avanguardie storiche. In questo caso infatti abbiamo a che fare con il prodotto esteriore della cultura accademica e anche con uno scarso approfondimento del significato storico della cultura delle Accademie. Infatti la cultura delle Accademie d’arte ha avuto il merito di diffondere in tutta Europa alcune statue elette a modello che sono servite da portabandiera del classicismo, diffondendolo e innalzandolo a cultura comune. Sappiamo che molte statue sono diventate così dei veri e propri simboli di un certo modo di intendere la bellezza, la grazia, la forza, la femminilità. Si pensi così alla diffusione di statue come l’Apollo Belvedere, il Lacoonte, il Fauno Barberini, il Torso Belvedere, per non citarne che alcune. Queste statue sono andate a stabilire i canoni della muscolatura, del dinamismo, della posatezza e così via per generazioni di disegnatori e scultori che le hanno studiate spesso attraverso copie e riproduzioni. Tra le copie vanno ricordate innanzi tutto i calchi in gesso che sono stati raggruppati nelle gipsoteche, le quali hanno costituito in molte città d’Europa la presenza di una sorta di museo virtuale di tutte le meraviglie scultoree dell’antichità. Ciò ha permesso il contatto pressoché diretto con le statue antiche e ha contribuito in maniera significativa a fare dello stile classico l’esperanto artistico della cultura Europea. Questo aspetto della formazione delle gipsoteche e dell’uso conseguente del calco in gesso è importante per capire il modus operandi di molti artisti che hanno militato all’interno delle avanguardie. L’unico limite, sta nel fatto che queste gipsocopie sono state spesso relegate, cosi come le fotocopie per la pittura e il disegno, al rango di meri oggetti comuni da trasformare in ready-made. Prima però di passare a questo aspetto occorre puntualizzare il ruolo giocato anche da altre forme di copia dei classici. Parliamo delle riproduzioni in scala e delle illustrazioni. Infatti, parallelamente alla circolazione dei calchi troviamo anche una ricca circolazione di statuette in miniatura riproducenti le statue più note e importanti. Ne circolano in vari materiali, spesso in bronzo, e di vari livelli di qualità. A queste debbono poi essere associate le illustrazioni, costituite soprattutto da stampe. Infatti la diffusione della stampa, soprattutto nel corso dell’Ottocento offrirà per la prima volta la visione di tali statue a un largo pubblico. Ciò che prima era accessibile solo a pochi si avvia così a diventare luogo comune. Giungendo ai primi del Novecento, l’epoca in cui si muovono gli artisti delle avanguardie storiche, troviamo una situazione in cui quella cultura elitaria propugnata dalle accademie si è ormai trasformata grazie alla larga diffusione in una cultura decadente che, aprendosi, agli strati sociali più bassi, inclina al banale e al luogo comune. Nel frattempo poi altre sculture hanno superato in fama quelle dei musei italiani. Tipico è il caso della Nike di Samotracia e della Venere di Milo collocate entrambe al Louvre. La seconda soprattutto conosce un successo strepitoso in quanto viene ritenuta il modello delle forme femminili, anche dal punto di vista letterale dei centimetri del girovita, dei fianchi e del seno. Essa diviene così uno dei pilastri dell’arte occidentale e, come accade in pittura per la Gioconda, si appresta a simbolizzarla pur nella forma degradata del luogo comune. C’è dunque nel riferimento al classico ereditato dalla cultura accademica la possibilità di una doppia lettura: la prima, come elemento colto che ha strutturato l’intera cultura artistica europea e la seconda come elemento banale, simbolo di una cultura degradata e stantia. Alla prima accezione fanno riferimento autori come Paolini e, in modo diverso, Mariani in quanto prendono il discorso dell’accademia “sul serio”. Alla seconda accezione fanno invece riferimento in primo luogo Man Ray e Dalì e poi in maniera meno diretta tutti quelli che si sono rifatti all’ironia dada e cioè Patella, Pisani e forse anche il Pistoletto della Venere degli stracci.