Il rapporto con le arti
Negli anni Venti si assiste a una svolta in senso accademico e convenzionale in vari settori dell’arte. In particolar modo qui ci interessa la pittura. Questo perché Stravinskij ha frequentato molto intensamente gli ambienti parigini dell’arte figurativa e perché si è spesso portato, a proposito della questione del neoclassicismo, un parallelo con l’itinerario artistico di Picasso, di cui Stravinskij era notoriamente amico. Per prima cosa occorrerebbe chiedersi quanto sia lecito questo parallelismo tra due generi che hanno avuto una storia in merito al classicismo così diversa. Infatti nel momento in cui spira il vento del ritorno all’ordine, il classicismo pittorico che si riaffaccia è quello della cultura accademica radicata nell’impianto prospettico rinascimentale, dato che la prospettiva gioca nel classicismo pittorico un ruolo analogo a quello del sistema tonale. La situazione però non è omogenea, infatti non tutti recuperano la prospettiva, in alcuni casi si assiste a una semplice ripresa della pittura figurativa in luogo di quella astratta, concreta o cubista. In altri casi ancora questo ritorno alla figurazione comporta anche la ripresa di temi classici intesi nel senso di “antichi” o “mitologici”. In particolar modo in Picasso la ripresa dell’antico è attuata al di fuori del linguaggio prospettico, anche se unita a un tipo di rappresentazione pittorica figurativa e leggibile. C’è chi ha proposto in ultima analisi allora un confronto tra il neoclassicismo di Stravinskij e la pittura metafisica di De Chirico (anche lui collaborò tra l’altro ai Ballets Russes), in quanto i riferimenti alla cultura classica (antica) vengono non solo posti al di fuori della prospettiva tradizionalmente intesa, ma in un contesto che tanto accademicamente levigato quanto al contempo spiazzante e inquietante. Mancherebbe perciò in entrambi un messaggio rassicurante legato al recupero del classico. Tutto ciò ci fa capire come anche il fenomeno del ritorno alla figurazione che caratterizza gli anni Venti abbia un carattere tutt’altro che unitario ed organico. Non ci troviamo in effetti alle prese con un nuovo stile, ma con una situazione semplicemente determinata dal fatto che viene a scemare la pressione dello sperimentalismo delle avanguardie. Ciò ha vari esiti: 1) si aprono le porte o, potremmo dire, si concede la parola a chi aveva continuato a realizzare una produzione figurativa, magari tiepidamente modernizzata, ed era stato eclissato dal bagliore delle provocazioni avanguardistiche; 2) artisti che si erano piegati in modo non convinto agli stilemi dell’avanguardia hanno la possibilità di proporre un’arte più rassicurante e adatta ai loro pregiudizi estetici; 3) alcuni di artisti di avanguardia approfittano di questo momento per fare i conti con la storia dell’arte o esporre la loro abilità o infine per rileggere il passato attraverso i nuovi strumenti linguistici di cui si sono appropriati; 4) infine ci sono coloro che, come i surrealisti, usano la figurazione per inventarsi un’ulteriore avanguardia. Prendiamo ad esempio il caso di un pittore come Gino Severini, che potrebbe essere classificato nella terza tipologia di quelle appena esposte. Severini è un pittore che sviluppa una grande abilità e che si butta convintamene nell’avventura cubo-futurista, poi però torna alla figurazione facendo sfoggio della propria abilità e ripercorrendo consapevolmente alcuni aspetti della pittura accademica che, finalmente, ha modo di approfondire con maturità e non più per apprendistato. È lui, tra l’altro l’autore di alcuni, nitidissimi pulcinella, che nella loro limpidezza assumono quasi un aspetto metafisico e spiazzante, così come avviene in altri dipinti dove inserisce elementi classici-antichi. Con ciò non si vuole sostituire il paragone con Severini a quello con Picasso o De Chirico. Infatti nessuno di questi paragoni potrà mai calzare per Stravinskij perché si tratta pur sempre di autori cresciuti nel cuore della cultura europea che non hanno un vissuto folklorico così diverso, tale da porli quasi in una condizione di alterità nei confronti della cultura europea. L’unico caso sarebbe potuto essere quello di Kandinskij, ma sfortunatamente per il nostro paragone, dopo un primo periodo figurativo (tra l’altro fortemente folklorico), che è assimilabile alle prime esperienze musicali di Stravinskij, prende con decisione la strada dell’astrattismo e della pittura concreta senza passi indietro e tra l’altro stringe amicizia proprio con Schönberg (anche se poi arriveranno a una rottura) ovvero con colui che ha costituito per molti il controaltare dell’esperienza stravinskiana. Tuttavia il confronto con le arti figurative, al di là della ricerca di rigidi parallelismi, può essere significativo per comprendere un ambito di scelte poetiche e tendenze estetetiche a cui Stravinskij non è immune. Le arti figurative di questo periodo infatti costituiscono nel loro complesso una serie di percorsi che, presi in un modo più elastico, possono contribuire a illuminare le scelte straviskiane. In questo senso allora ci sono di aiuto tanto Picasso quanto De Chirico, Carrà e Severini. Anche senza trovare un pittore che abbia seguito una vicenda comparabile in tutto e per tutto con quella straviskiana troviamo nel mondo delle arti figurative il momento folklorico-barbarico che si incarna nella sperimentazione avanguardistica (sia essa la storia delle maschere africane che in Picasso danno il via al cubismo o quella delle fiabe russe che danno il via al Blaue Reiter in Kandinskij); troviamo poi il momento della ripresa della tradizione e dell’antichità dopo lo sperimentalismo (lo stesso Picasso lo fa in una maniera un po’ troppo brut, Severini in modo quasi virtuosistico, Carrà in forma stilizzata e modernista). A questo proposito è interessante constatare che il motivo del Pulcinella di Stravinskij è qualcosa che è sicuramente riconducibile, oltre che alla riscoperta di Pergolesi, alle tematiche della pittura tra tardo-cubismo e ritorno alla figurazione, in cui il tema delle maschere della commedia dell’arte ricorre in più occasioni. Infine troviamo nella pittura ancora il ritorno dalla figurazione all’astrazione sperimentalista, anche in aree dove prima non aveva attecchito come la Francia (si pensi a Cercle et Carré già negli anni Trenta) o gli Stati Uniti (si pensi all’espressionismo astratto e alle influenze sull’astrazione post pittorica provenienti dalla scuola del Bauhaus).