Carlo Maria Mariani
Carlo Maria Mariani pone un caso affine a quello posto dalla pittura metafisica; si tratta di stabilire cioè, non tanto se questi artisti mostrino un’attenzione al classico, che è ampiamente comprovata, quanto semmai quella per l’avanguardia. Il pittore romano si pone, come la metafisica, in un punto di confine tra avanguardia e ritorno all’ordine, con un percorso che partendo dalla prima sfuma gradatamente nel secondo. Non è un caso che Mariani sia diventato famoso come l’esponente di punta della corrente cosiddetta anacronista o ancora neo-neoclassica che venne lanciata nei primi anni Ottanta da Maurizio Calvesi. Gli anni Settanta si erano presentati come il trionfo del concettuale mondano e di altre neovanguardie, come la body art, la performance, l’arte politica, proponendosi in una forma non più “pura”, ma contaminata e intrecciata. Si trattava cioè di una situazione in cui le sperimentazioni andavano intrecciandosi e in cui il gioco degli –ismi era entrato ormai in crisi. Ebbene in questo contesto di tarda neoavanguardia concettualeggiante uno degli aspetti determinanti dell’opera diviene quello colto, metacomunicativo. Questa esasperazione dell’intellettualizzazione dell’arte apriva la strada a riflessioni erudite sull’arte stessa sul suo passato. E’ in questo clima che si formano Mariani, Ontani, Galliani o un artista-regista come Peter Greeneway. Così, se le neoavanguardie avevano fatto irruzione sulla scena artistica sotto il segno del nuovismo e del fare piazza pulita del passato, ora, grazie all’intellettualizzazione concettualeggiante si riscopre l’interesse per la riflessione teorica e anche l’erudizione e la storia. Questo sguardo erudito dell’artista sulla storia dell’arte nasce dunque con un intento critico, ma presto cede il passo al gusto per la citazione colta. Non a caso il ritorno al classcismo degli anni Ottanta è stato anche chiamato “citazionismo” e “pittura colta”. In questo passaggio dalla neoavanguardia al ritorno alla pittura, abbiamo deciso in questa sede di citare solo due nomi perché questi, sono gli artisti che hanno portato avanti con più decisione una pittura dai temi classici e classicisti, essendo partiti da basi tardoconcettuali e cioè d’avanguardia. Per quanto riguarda Mariani allora le opere più significative sotto questo aspetto sono da considerarsi quelle degli anni Settanta in cui l’artista lavora quasi esclusivamente con citazioni di carattere concettualeggiante riferite al periodo del neoclassicismo. Per fare un esempio in un’opera intitolata Mengs-Maron-Mariani (1974), l’artista propone una serie di autoritratti neoclassici intrecciati tra loro che hanno come punto d’arrivo l’autoritratto fotografico di Mariani stesso. L’opera quindi consiste di cinque riproduzioni: nella prima si vede l’autoritratto di Mengs, nella seconda quello di Von Maron, nella terza il ritratto di Mengs fatto da Von Maron, nella quarta il ritratto di Von Maron fatto da Mariani e quindi nella quinta, Mariani stesso che si riprende con l’autoscatto. Fin qui l’intervento della pittura e del virtuosismo rimane limitato e sottotono. Protagonista è ancora l’intreccio intellettuale del gioco vicendevole di ritratti e autoritratti. Si avverte comunque che Mariani vuole porsi in continuità con questi maestri ponendosi come punto d’arrivo.